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Formula 1: verso Singapore, parte seconda

21 settembre 2010

Prosegue la nostra analisi sui contendenti al titolo mondiale. Dopo l'australiano Webber, tocca ora all'inglese Hamilton e allo spagnolo Alonso.

IL GENIO INGLESE - È geniale, spesso inarrivabile. È un grandissimo talento e se continua di questo passo ha tutte le carte in regola per diventare uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1. Lewis Hamilton (foto in alto) ha già vinto un campionato del mondo nel 2008 dopo aver sfiorato l’iride nell’anno del debutto nel mondiale. A Monza ha commesso un errore pacchiano, da dilettante, che lo ha reso furioso con se stesso. Uno sbaglio sciocco che ha evidenziato la sua smania nel volere recuperare subito posizioni, segnale che ancora deve smussare qualche spigolatura, e che gli è costato punti che potrebbero rivelarsi decisivi ai fini del mondiale. Hamilton gode del sostegno di una McLaren che ha capacità di reazione impensabili, una struttura ora diretta da Martin Whitmarsh, ma che ha saputo mantenere la mentalità vincente trasmessa negli anni dal grande capo, ora dietro le quinte, Ron Dennis.

MCLAREN REATTIVA - Anche se sbagliano macchina, come nel 2009, o qualche idea tecnica, sanno ribaltare in pochi giorni, se non nell’arco dello stesso weekend, la situazione trasformando la MP4/25 da monoposto che arranca in vettura lepre. A Monza hanno però commesso l’errore di proseguire fino alla qualifica su due differenti soluzioni tecniche: Hamilton senza lo F-Duct, Jenson Button con lo F-Duct. Lo stesso Lewis ha sicuramente sbagliato valutazione nel voler proseguire privo dell’ala soffiata. Da Singapore ogni scelta non dovrà più rivelarsi errata. Un altro punto a favore di Hamilton è l’ottima gestione del rapporto con il compagno Button, anch’egli in piena corsa per il mondiale. Come sembrano lontani i tempi (2007) del dualismo con Fernando Alonso e, soprattutto, la rivalità già esplosa in casa Red Bull in McLaren ancora non si è fatta sentire.


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ALONSO GIOIE E DOLORI
- È il più titolato del gruppo con due campionati del mondo già incassati. È anche l’uomo che godeva di maggiore credito per la sua esperienza e il suo indiscusso talento. Ma i tanti errori commessi durante il campionato lo hanno fatto divenire più… umano. E nel confronto con i suoi rivali non lo si può definire superiore in quanto a qualità e velocità pura a un Lewis Hamilton o a un Sebastian Vettel. Come Webber, Alonso (foto sopra) è un ottimo politico e comunicatore, ma a differenza dell’australiano ha giocato le sue carte in maniera diversa: non per creare tensione all’interno della Ferrari, ma per portare il team dalla sua parte. E così è stato. Quel che è accaduto a Hockenheim, con il famoso ordine di squadra ai danni di Massa, lo conferma. Alonso è un gran lavoratore, si spende negli sviluppi tecnici, prova di tutto, sa scegliere le soluzioni migliori. Il suo cammino verso il titolo non sarà semplice, il rendimento della Ferrari non è lineare e le piste che l’aspettano non sembrano essere particolarmente adatte alla F10. Ma questo mondiale non fa che riservare sorprese e colpi di genio da parte dei tecnici. Tutto potrà accadere.



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