TRENT’ANNI DOPO, NEL SEGNO DEL BISCIONE - Una bella favola italiana che parla di un bolide rosso e di corse “maschie”, nelle quali i piloti finivano spesso col fare a sportellate, “pelando” i guardrail di infernali circuiti cittadini e non disdegnando neppure qualche sortita sull’erba, quando voleva dire poter riuscire a mettere il muso davanti all’avversario. La vittoria del DTM 1993 è uno dei capitoli più appassionanti e romantici nella storia sportiva dell’Alfa Romeo e trent’anni dopo, a riannodarne i fili, tenuti insieme da quello invisibile dell’emozione, è il Museo Storico Alfa Romeo. A raccontare quell’incredibile annata, la scorsa domenica, sono stati i protagonisti che hanno portato il Biscione a vincere, nella sua stagione d’esordio, il Campionato Tedesco Turismo, all’epoca tra le competizioni per vetture a ruote e coperte più dure e prestigiose al mondo.
UNA GRANDE OCCASIONE DI RISCATTO PER L’ALFA - Dopo la vittoria del Campionato Italiano Superturismo nel 1992 con Nicola Larini (nella foto qui sopra), è sui circuiti della Germania che l’Alfa Romeo decide di mettersi alla prova con la nuova Alfa Romeo 155. La casa del Biscione sa che fare bella figura nel DTM - dove a fare il bello e il cattivo tempo sono colossi come Mercedes, BMW e Opel - potrebbe contribuire a ribaltare l’immagine di azienda poco attenta alla qualità ancora profondamente radicata nella maggior parte degli automobilisti tedeschi. “Per molti di loro valeva ancora l’equazione Alfa Romeo uguale Alfasud con le bolle di ruggine”, spiega Larini, l’uomo che, con dieci vittorie su venti gare, ha coronato gli sforzi di un’intera squadra, surclassando le favorite Mercedes 190 dello squadrone Mercedes a cominciare da quella del campione in carica, Klaus Ludwig.
UNA CORSA COMINCIATA PRIM’ANCORA DI SCENDERE IN PISTA - L’avventura dell’Alfa Romeo nel DTM 1993 comincia con il ritmo frenetico di una corsa a ostacoli. La macchina prescelta per provare a guastare la festa alla Mercedes, che parte coi favori del pronostico, è la 155 V6 TI: pur partendo dalla base vincente della versione GTA della 155 con cui l’anno precedente ha dominato in Italia, la squadra capitanata da Giorgio Pianta incontra non poche difficoltà nella messa a punto della nuova vettura, anche e sopratutto per ragioni di tempo. Lo sviluppo dell’auto parte con un ritardo tale che i meccanici, nel giorno della presentazione ufficiale del team, a Hockenheim, il 23 marzo, finiscono di montare le macchine nei box della pista. Ma l’immagine, tipicamente italiana, un po’ scanzonata e istrionica del team Alfa Romeo, nei paddock dei circuiti tedeschi comincia a dissolversi sin dalla prova inaugurale di Zolder: pole position di Larini sul bagnato, dove le quattro ruote motrici della 155 non lasciano scampo alle Mercedes a trazione posteriore, e vittoria sull’asciutto in entrambe le manche della gara.
LA VITTORIA PIÙ BELLA - “Dopo averci visto vincere all’esordio i tedeschi della Mercedes abbassarono le orecchie come Willy il Coyote”, racconta Larini. Vero mattatore della giornata e ambitissimo dai tantissimi appassionati accorsi al museo, il campione DTM 1993 individua però in un’altra gara il momento clou di quell’indimenticabile stagione: “La vittoria più bella è stata al Nürburgring, che è sempre stato una specie di Terrasanta per i piloti tedeschi. Allora si correva sul circuito lungo di 28 km e ovviamente tutti ci davano per spacciati in partenza. Noleggiammo delle macchine e cominciammo a inanellare giri su giri per imparare la pista, ma se è andata come è andata, e da quel momento in poi la Mercedes ha capito che avrebbe avuto vita dura, contro di noi, il merito è anche di Walter Röhrl, che all’epoca lavorava per la Porsche. Lo incontrai nei box in un momento in cui non aveva nulla da fare, così gli chiesi se poteva portarmi con lui e spiegarmi dove mettere esattamente le ruote. Mi aiutò a disegnare la pista curva per curva e, alla fine, vinsi io”.
UN GRANDE SUCCESSO DI SQUADRA - Larini, con le sue vittorie, è stato il catalizzatore perfetto di un’impresa al cui raggiungimento - dai tavoli di disegno al muretto dei box - hanno contribuito progettisti e meccanici straordinari. In un bel videomessaggio, il pilota tedesco ex Alfa Christian Danner ha dipinto il motorista Pino D’Agostino - intervenuto alla conferenza insieme al collega Enrico Alviano, che della 155 da corsa ha messo a punto l’elettronica, e al pilota-collaudatore Giorgio Francia - “il Picasso dell’ingegneria”, a conferma del fatto che dietro un grande campione, a maggior ragione a certi livelli, c’è sempre una grande squadra. Una squadra fatta di uomini che si dimenticavano dell’orologio, quando c’era da essere sicuri che la macchina fosse competitiva al 100%. E che non erano mai stanchi di andare a caccia di nuove soluzioni per renderla più veloce.
UN CAMBIO SPECIALE PER ALESSANDRO - Nell’arco del solo 1993 la 155 beneficia di oltre 100 modifiche, sei delle quali apportate nell’ultima gara, a giochi ormai chiusi e con il titolo già in tasca, in vista della stagione successiva. Una delle più geniali porta la firma di Sergio Limone, l’ingegnere al quale, dopo la lunga stagione di successi nei rally con la Lancia Delta, il gruppo Fiat (nel quale l’Alfa era entrata nel 1986, ndr) aveva chiesto di andare a vincere anche in pista. “In seguito all’intervento con cui gli fu riattaccato l’avambraccio destro che aveva perso nell’incidente con il suo elicottero nel 1990 - racconta l’ingegner D’Agostino -, Alessandro Nannini perse sensibilità nella mano destra. Ci accorgemmo che, nel tirare la leva del cambio sequenziale, Alessandro perdeva uno, due decimi di secondo, cosa che non accadeva quando la spingeva. Così Limone gli fece due aste, permettendogli di salire e scendere di marcia muovendole entrambe in avanti”.