DOCCIA FREDDA - Ennesima doccia fredda per la
Volkswagen negli Stati Uniti. Prima l'accusa formale da parte del Dipartimento di Giustizia per la vicenda dei
motori diesel EA 189 e 3.0 V6 (
qui la news) che, in condizioni di utilizzo normale, emettono una quantità di ossidi di azoto superiore anche di 40 volte quella fatta registrare in fase di test, grazie ad un software non legale. Ora arriva una seconda tegola sulla testa del Gruppo tedesco: il CARB (California Air Resources Board) ha dichiarato che il piano di interventi tecnici sulle vetture non regolari già in circolazione presentato dalla Volkswagen è “
incompleto, sostanzialmente deficitario e ben lungi dall'ottemperare alle richieste”. L'ente californiano ha inviato una lettera alla Volkswagen con tutte le motivazioni tecniche di questa affermazione, dettagliando il motivo del rifiuto.
I CONTATTI CONTINUANO - La Volkswagen precisa che il rifiuto del CARB si riferisce alle proposte fatte a inizio dicembre e che da allora ci sono stati continui incontri con i rappresentanti dell'ente di protezione dell'ambiente sulle misure da adottare. La casa di Wolfsburg rinnova anche il suo totale impegno per trovare al più presto una soluzione in collaborazione con gli enti interessati. A questo proposito, oggi il presidente della Volkswagen si incontrerà a Washington con Gina McCarthy, presidente dell'EPA, l'ente federale di tutela dell'ambiente al quale si deve la scoperta del software irregolare sui diesel del gruppo. Le auto interessate sono 600.000 negli USA e 11 milioni nel mondo.
MISSIONE DIFFICILE - Non tutto è andato liscio nemmeno al Salone di Detroit, nonostante la partecipazione sia stata tutta improntata a un gran lavoro di pubbliche relazioni volto alla ricostruzione dell’immagine del gruppo. La marea di contatti stampa avuti dall’amministratore delegato della Volkswagen, Matthias Müller, ha visto anche degli
scivoloni. Per esempio, alla
National Public Radio, che aveva rivolto alcune domande a Müller durante le concitate ore della sua presenza al salone, i responsabili della comunicazione della Volkswagen hanno dovuto chiedere che fosse intervistato una seconda volta, perché le risposte date in prima battuta, e ovviamente mandate in onda dalla emittente, erano suonate come un dietro front dalle posizioni di piena ammissione di colpa nel
Dieselgate finora portate avanti dalla casa tedesca.
SOLO UN MALINTESO - Müller ha infatti detto che “la Volkswagen non ha mentito” nel rispondere alle richieste di chiarimenti avanzate dall’EPA a proposito del diverso comportamento delle auto diesel incriminate tra le fasi di test di omologazione e quelle di guida stradale normale. Questo perché “tutto è stato causato da un malinteso tecnico” ha risposto Müller nella prima intervista rilasciata alla National Public Radio, precisando che si sarebbe trattato di un problema dovuto a una interpretazione errata della normativa americana. E al reporter che faceva presente come negli americani fosse maturata l’opinione che nel comportamento della Volkswagen ci fosse stato un problema etico, lo stesso amministratore delegato della Volkswagen ha risposto “Non riesco a capire perché dice questo…”.
CORREZIONE PIENA - Dopo la richiesta della Volkswagen di poter far incontrare nuovamente il manager con il giornalista, l’emittente radiofonica ha concesso un nuovo spazio a Müller, il quale si è scusato per come era andata la prima intervista, attribuendo la colpa alla grande confusione che regnava al salone, con una folla di giornalisti che lo circondava (nella foto sopra). E a proposito del comportamento della Volkswagen nella vicenda Dieselgate ha aggiunto: “Noi ammettiamo completamente la violazione compiuta. Non ci sono dubbi in proposito, e stiamo facendo tutto il possibile per risolvere il problema. Lavoriamo notte e giorno per trovare le soluzioni giuste, e non solo alle questioni tecniche. C’è molto da fare anche per gli avvocati e per i gli uffici comunicazione”. Appunto.