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La collaborazione fra industrie per la mobilità elettrica

Pubblicato 12 novembre 2021

Nella conferenza “The art of convergence in eMobility”, che si è tenuta in concomitanza con la COP26, si è discusso di auto elettriche e di reti di ricarica. Ecco cosa è emerso.

La collaborazione fra industrie per la mobilità elettrica

AUTOMOBILISTI AL CENTRO - Il titolo del webinar organizzato dalla società di ricerca e consulenza Accenture, “The art of convergence in eMobility” si è tenuto in concomitanza alla COP26 di Glasgow. Alla tavola rotonda hanno partecipato esponenti di Accenture, di Innogy eMobility Solutions, della società di noleggio Free2move, che propone molte auto elettriche, e di Octopus, azienda che noleggia e dà in leasing esclusivamente veicoli elettrici, proponendo inoltre servizi di ricarica. Si è posto l’accento non soltanto sulla silenziosità delle auto elettriche, ma anche sulla diversità del loro rifornimento, che è più lento, ma può essere fatto anche di notte, sotto casa. Dato che l’impiego cittadino implica spostamenti brevi, una volta che i punti di ricarica saranno diffusi per recuperare autonomia basterà caricare durante la spesa al supermercato o mentre si è in palestra per recuperare l’autonomia consumata per arrivarci. Più del 20% delle emissioni di CO2 in Europa vengono dai trasporti ed è per questo che la UE ha l’obiettivo di arrivare a 30 milioni di veicoli elettrici e 3,5 milioni di colonnine pubbliche al 2030, target molto ambizioso,dato che oggi le elettriche sono 3,5 milioni e i punti di ricarica sono 300.000.

ESPERIENZA NON MOLTO PRATICA - Si è messo l’accento anche sul fatto che spesso ricaricare le elettriche è poco agevole, dato che si possono travare impianti fuori servizio anche se indicati in funzione, pagare non è sempre facile (esistono molte app e metodi diversi) e può inoltre accade anche che automobili termiche occupino gli spazi riservati. Questi ostacoli vanno rimossi perché le elettriche diventino di massa: i rifornimenti di carburante sono molto più facili anche perché le stazioni di servizio sono generalmente più diffuse. La collaborazione fra industrie diverse è quindi molto importante perché una sola azienda non può abbattere questi ostacoli. È per questo che Octpus, per esempio, ha una card di pagamento che accede a 10 reti diverse con 100.000 punti di ricarica complessivi in Europa e questo diminuisce un altro disagio della ricarica, l’incertezza sulla spesa che si sosterrà. Si è anche evidenziato che nel Regno Unito il numero dei punti di ricarica è già superiore a quello delle stazioni di servizio. Guidare un’auto elettrica richiede comunque un cambio di mentalità perché la ricarica si fa quando essa non viene usata, il contrario rispetto a quanto avviene con un veicolo convenzionale. Si è ipotizzato anche un modello alla Airbnb, nel quale chi ha un punto di ricarica lo condivide con i vicini ricavando un guadagno; si può anche pensare che un albergo o un ristorante nelle vicinanze potrebbe accordarsi con chi ha una wallbox per farla usare ai propri clienti.

UN BUSINESS DIVERSO - In effetti la creazione di un punto di ricarica è molto più semplice rispetto alla stazione di servizio che eroga carburante: non ci sono le cisterne sotterranee, non esistono esalazioni nocive e così via. È invece richiesto un grande lavoro di collaborazione e partnership per connettere le colonnine, fornir loro l’energia e sviluppare app e strumenti per un pagamento chiaro e trasparente. I Governi avranno un ruolo importante non soltanto incentivando la mobilità elettrica e coprendo con punti di ricarica aree altrimenti non sostenibili economicamente ma anche svolgendo un ruolo educativo e informativo. Sarà importante anche una standardizzazione di protocolli, dei roaming internazionali (come già avviene fra gli operatori delle reti cellulari) e oppoertuni snellimenti per gli adempimenti necessari per le installazioni. In Germania, per esempio, occorre avere il nulla osta dell’operatore energetico locale per wallbox sopra gli 11 kW e le incombenze burocratiche aumentano ancora se si vuole sistemare un caricabatterie su un palo.

REDDITIVITÀ CERCANSI - Si è anche messo l'accento sulle difficoltà di calibrare gli  investimenti per i punti di ricarica perché un costoso apparato da 150 e più kW non può vivere con una ricarica al giorno. In questo senso Tesla ha un importante vantaggio perché conosce il numero delle auto vendute in una certa area: si possono quindi pensare ad accordi in questo senso fra i costruttori dei veicoli e i gestori delle reti di ricarica. Tesla è un buon esempio anche perché il suo navigatore consente di pianificare i viaggi e le soste per la ricarica, condizionando la batteria in modo che sia pronta ad accettare alte potenze di ricarica, una dimostrazione dell’importanza dello scambio di dati fra veicolo e rete di ricarica. È apparso chiaramente che occorrono investimenti miliardari e si è rilevato che si stanno trovando modelli di business interessanti, non solo ricariche ma anche servizi di gestione e immagazzinamento dell’energia grazie ai caricatori bidirezionali. Si sta uscendo dalla fase pionieristica e quindi questo business appare interessante non solo agli investitori più “avventurosi”, come i Venture Capital specializzati in startup, ma anche a quelli  più istituzionali come i grandi fondi globali e persino i fondi pensione, allergici ai rischi di una tecnologia non ben consolidata.

UN BILANCIAMENTO CRITICO - La questione del bilanciamento della rete elettrica non è da sottovalutare perché produzione e consumo devono essere sempre in equilibrio e questo richiede una certa flessibilità dal lato della generazione. In questo periodo si stanno accentuando fattori di imprevedibilità: l’offerta conta sempre più sulle energie rinnovabili, discontinue per definizione, e la domanda vede sempre più persone che da un lato usano veicoli elettrici e riscaldamento a pompa di calore e dall’altro sono diventate produttrici di energia grazie al fotovoltaico e al microeolico. Uno studio su 6 mercati europei stima quindi che al 2030 occorreranno ulteriori 90 GigaWatt di produzione flessibile (1 GW = 1.000 MegaWatt) per bilanciare in tempo reale queste incertezze nella produzione. Le auto elettriche possono agire in questo senso, cedendo energia se necessario per mitigare i picchi nella domanda grazie alle tecniche vehicle to grid. Si potrebbero studiare formule con forti sconti o addirittura energia gratis per che accetta di cedere energia dalla propria auto elettrica ma questo tipo di bilanciamento per essere efficace deve essere adottata su larga scala dagli automobilisti.

PAGARE PER NON PRODURRE? MEGLIO DI NO - Octopus, che è anche un fornitore di energia elettrica, propone tariffe scontate del 66% nelle ore notturne e addirittura “tariffe agili”, basate sul prezzo di mercato dell’energia. Il concetto è: invece di pagare dei sussidi alle centrali eoliche perché non producano quando il vento è forte, facciamo degli sconti a chi carica in quelle ore. Agli utenti della Nissan Leaf abilitate al vehicle to grid Octopus propone un leasing della vettura e della wallbox bidirezionale con sconti sul canone se essi ricaricano di notte per almeno 12 volte al mese. Qualcuno ha fatto l'obiezione che questo implica un cambiamento di abitudini molto forte rispetto a un normale rifornimento di carburante ma l’esperienza di Octopus ha dimostrato che i clienti evolvono e riescono a gestire al passare del tempo offerte sempre più sofisticate, così come si sono abituati ai telefoni cellulari sempre più evoluti. L’esperienza di Freetomove ha poi dimostrato che la diminuzione dei costi operativi e la possibilità dell’ulteriore business dato dallo scambio bidirezionale dell’energia consentito dai veicoli elettrici ha destato molto interesse fra i gestori delle flotte. Idee e proposte molto interessanti, quindi, resi possibili dalle particolarità del “carburante” delle auto elettriche.



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Ritratto di Giulio Menzo
14 novembre 2021 - 19:44
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Insomma, sì può essere conveniente ma bisognerebbe regolamentare questa "condivisione" degli spazi di ricarica e gestire bene questi ipotetici accordi tra gestori e alberghi. Importante anche uniformare i punti di ricarica in una sola rete. Oltre a ciò, bisognerebbe porre l'attenzione però a non sottovalutare anche un'altra importante fonte di inquinamento, ovvero i riscaldamenti domestici.
Ritratto di nafto
15 novembre 2021 - 06:57
Già la premessa, come solito, non ci siamo. Il 20% della CO2 sarà prodotta dai mezzi di trasporto tutti, e già 20% di suo direi è abbastanza evidente non essere poi per nulla risolutiva di un problema anche nel caso venisse di colpo resa nulla tale percentuale, perché bisognerebbe capire che si fa sul restante 80%. Tanto più se si considera che stiamo parlando di un problema globale e di quanto poi l'Europa incida, relativamente poco, rispetto ad altri continenti e nazioni. Ma a prescindere da tutto ciò, andrebbe comunque detto che nei trasporti in generale rientrano quelli aerei, marittimi e terrestri. Fra quelli solo terrestri va fatta la scissione fra su rotaie e gommati. In quelli gommati a sua volta c'è la suddivisione tra trasporto pubblico e privato. In quello privato c'è quello chiamiamolo strettamente aziendale per identificare i mezzi abbastanza diversi dalle auto che sono quindi i classici camioncini e furgoni pesanti oltre che i camion e tir. Ecco, l'auto in quanto tale e tutto l'eventuale stravolgimento che se ne prevede, sarà per incidere su quella frazione di frazione di frazione di frazione. Significa che non bisogna fare niente e restare per forza come stiamo? Nì. Significa che almeno bisognerebbe ben inquadrare la situazione prima di pensare a soluzioni anche drastiche in un aspetto ma irrilevanti se a se stanti rispetto al discorso globale. Come se a una persona gli si impone per dieta che deve smettere il cucchiaino di zucchero nel caffè la mattina per tagliargli le calorie, ma poi non si sa cosa accade e non c'è pianificazione, bensì gli si lascia libera azione, per il grosso delle calorie che derivano dall'assumere a sbafo carboidrati, grassi e anche gli stessi zuccheri tramite merendine e dolcetti vari
Ritratto di felixprimo
15 novembre 2021 - 13:04
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Analisi impeccabile, è ciò che penso io, ma forse tutto va inquadrato in un'ottica di trasformare il libero cittadino in un suddito obbediente che si adegua docilmente a qualsiasi limitazione impostagli: da selvaggio individualista, libero e innamorato della sua creatura rombante, a freddo utilizzatore pianificato di un mezzo di trasporto (meglio se collettivo) senz'anima... e lo chiamano progresso! Un futuro da formiche in omaggio agli oltre 7 miliardi di individui che siamo diventati. Non dimentichiamo che tocca anche diventare vegetariani o, al più, consumatori di insetti e/o carne sintetica...