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Fiat: crescono le tensioni su Termini Imerese

15 gennaio 2010

Per il 3 febbraio è stato indetto uno sciopero generale dei lavoratori Fiat. Mentre il 29 gennaio ci sarà una tavola rotonda con il ministro Scajola. Ma Marchionne resta sulle sue posizioni: “chiusura irreversibile: siamo un'azienda, non un governo”. Negative le previsioni per il 2010.

TERMINI IMERESE - Dopo le recenti dichiarazioni di Sergio Marchionne (foto in alto) sulle sorti dello stabilimento siciliano al Salone di Detroit, la tensione sale. Come riporta il Sole 24 Ore, Fim, Fiom, Uilm e Fismic hanno infatti proclamato uno sciopero di quattro ore per tutti i lavoratori del Gruppo torinese per mercoledì 3 febbraio.

I sindacati chiedono che la Fiat non chiuda lo stabilimento sicialiano alla fine del 2011, quando la Lancia Ypsilon attuale terminerà il suo ciclo di vita, ma anzi aumentino la produzione delle auto in Italia. Oggi, nel nostro Paese vengono costruite, in generale, solo un terzo delle vetture vendute. Alla Fiat verrebbe richiesto di coprire almeno il 50% della domanda di mercato.

INCONTRO - Uno sciopero che sarà preceduto dalla tavola rotonda indetta dal ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, con le parti sociali e la Regione Siciliana. Tra le varie soluzioni che sarebbero al vaglio, la più accreditata vede la conversione di Termini Imerese alla produzione di componentistica per il settore automobilistico.

MARCHIONNE - Indirettamente, da un congresso tenutosi nei giorni scorsi a Detroit, l'amministratore delegato della Fiat aveva già dato più di una motivazione alla scelta intrapresa. A pesare sulle sorti di Termini Imerese non ci sarebbero solo la scarsa competitività produttiva. Il reale problema, che prima o poi tutti i Costruttori dovranno affrontare, è uno: si producono più auto di quante se ne vendono.

“A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendano. Un terzo dell'eccesso della produttività si trova in Europa” ha spiegato Marchionne. Aggiungendo che la ragione di questo fenomeno è semplice: “i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti, perché  ricevono spesso fondi per non farlo”.

ANCORA CRISI - Sempre secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, per l'amministratore delegato della Fiat, la decisione presa su Termini Imerese, per quanto impopolare, è necessaria. Specialmente considerate le pessimistiche previsioni di vendita per il 2010. Nel 2009 le fabbriche europee hanno funzionato al 75% della loro capacità produttiva, che per quest'anno potrebbe scendere al 65%. Come dire che anche gli altri Costruttori dovranno prepararsi a periodi di cassa integrazione e ridimensionamento delle proprie strutture produttive.



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Ritratto di carmelo.giannotta
16 gennaio 2010 - 14:36
Capisco le esigenze del gruppo Fiat (che potrebbe valutare la dismissione di altre sedi) ma non è condivisibile in un momento di crisi, contribuire ad aumentare ulteriormente il gap della disoccupazione in Sicilia. Quanto sopra anche in considerazione che i siciliani, negli anni, hanno sempre contribuito territorialmente ad incrementare le vendite dal predetto marchio automobilistico. Di fronte alla dichiarazione per certi versi arrogante, di Marchionne cosa può proporsi se non esortare tutti i siciliani in massa di boicottare, sine die, l'acquisto di autovetture del gruppo Fiat .
Ritratto di J-Stock
18 gennaio 2010 - 11:29
Marchionne se ne pentirà quando gli italiani smetteranno di comprare le fiat: basta fare il doppio gioco beneficiando degli incentivi(nostri soldi) e trasferendo la produzione all'estero! Gli incentivi servirebbero x salvaguardare l'occupazione

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