MADE IN CINA - Periodicamente finisce sulle prime pagine dei giornali la notizia di un maxi-sequestro di ricambi contraffatti che, manco a dirlo, dall’Asia (Cina su tutte ma anche Singapore, India e Vietnam) giungono fino ai nostri porti. L’ultimo in ordine di tempo risale allo scorso gennaio, quando a Napoli sono stati scoperti circa 35.000 pezzi pronti per essere immessi sul mercato. Secondo quanto riportato dalla Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il giro d’affari mondiale ammonterebbe a 16 miliardi di dollari l’anno, con un tasso di crescita del 10%. Se restringiamo il campo all’Italia, secondo il Censis (Centro studi investimenti sociali), “ballano” circa 120 milioni di euro. Una vera e propria piaga sociale che, nonostante la normativa europea e le conseguenze penali (si rischia l’arresto da sei mesi ad un anno ed una sanzione da 10.000 a 50.000 euro), complice la congiuntura economica, continua a dilagare.
PERICOLO SICURREZZA - Oltre al danno economico per i produttori di ricambi originali, il mercato nero della contraffazione si ripercuote negativamente sull’integrità delle vetture, con conseguente pericolo non solo per la sicurezza stradale ma anche per l’ambiente a causa dei materiali utilizzati non omologati. Secondo l’OCSE, il triste primato nella classifica dei pezzi contraffatti spetta ai dischi freno (18%) seguiti dalla tiranteria dello sterzo (17%), dalla pastiglie dei freni e i ricambi del motore (16%), i filtri dell’aria, i filtri e le pompe dell’olio (4%).
RISPARMIARE SI PUÒ - Ricordiamo che chi volesse risparmiare sul prezzo di listino dei ricambi originali, senza compromettere la propria sicurezza e quella degli altri, può rivolgersi ai ricambi identici a quelli forniti di serie ma con il marchio del produttore terzo, a quelli equivalenti e a quelli alternativi. Possono inoltre essere utilizzati ricambi usati, sottoposti a revisione prima di essere commercializzati e quelli rigenerati che devono superare il controllo di efficienza, qualità e sicurezza.