DETROIT SALVA TORINO - La Fiat ha detto che vuole salvaguardare gli impianti italiani ed europei, facendoli lavorare per l’esportazione. Tale scelta si comprende e si giustifica nello scorrere i risultati economici relativi al terzo trimestre del 2012, laddove il dato positivo generale deriva dal buon andamento delle vendite nei Pesi extraeuropei, nord e sudamericani, per cui ci sono ancora buone prospettive di crescita, così come orizzonti positivi ha lo scenario asiatico.
UTILI DI LÀ DELL’ATLANTICO - I numeri parlano chiaro. Dei 20,437 miliardi di euro di ricavi realizzati nei tre mesi dal gruppo Fiat (compresa la Chrysler), 10,759 derivano dalle attività in Nord America, dove sono stati venduti 504 mila veicoli, il 12% in più del 2012. L’insieme del gruppo registra una crescita del 16% sullo stesso trimestre del 2011, ma il dato è tutt’altro che omogeneo, in quanto i citati 10,759 miliardi di euro di ricavi relativi al Nord America rappresentano una crescita del 38,4%.
LE ALTRE ZONE DEL MONDO - Un miglioramento molto forte (del 39%) c’è stato anche sui mercati della zona Asia-Pacifico dove i ricavi netti del gruppo Fiat nel trimestre sono stati di 830 milioni, contro i 599 dell’anno scorso. Le realtà latinoamericane hanno dato luogo a ricavi netti per 2,955 miliardi, contro i 2,853 del 2011, con un aumento del 3,57%. Nella zona Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) dunque molto condizionata dai mercati del Vecchio Continente, il risultato è di segno opposto: il ricavo netto è stato di 3,820 miliardi contro i 4,383 dello stesso trimestre dell’anno scorso, con una perdita del 12,9%.
UTILI BY USA - Più espliciti ancora sono i dati relativi agli utili. Nei tre mesi il gruppo Fiat (compreso le marche della Chrysler) ha realizzato utili per 286 milioni di euro, ma se si esclude l’apporto della Chrysler il dato diventa negativo, con una perdita di 281 milioni. Nel periodo da gennaio a settembre, in cui ci sono stati ricavi per 62,182 miliardi di euro (di cui 37,969 relativi alla Chrysler) gli utili registrati sono stati di 1,23 miliardi di euro, ma questo valore è la risultante dell’unione dei 1,823 milioni di euro guadagnati dalla Chrysler con gli 800 milioni delle perdite della Fiat (esclusa la Chrysler).
SITUAZIONE CHIARA - L’elencazione potrebbe continuare, ma il succo della situazione risulta già chiaro. E lascia comprendere quale sia il ragionamento fatto da Sergio Marchionne: se produciamo nei Paesi Emea, Italia in primis, in maniera competitiva e redditizia, anche puntando su produzioni ad alto valore aggiunto, come consentono di fare i marchi di prestigio del marchio (Alfa Romeo e Maserati, senza tirare in ballo la Ferrari) gli stabilimenti possono rimanere tutti aperti. A patto che ci sia l’impegno di tutti a percorrere questa strada. Chiare le parole del comunicato Fiat diffuso in occasione dell’incontro con i sindacati svoltosi il 30 ottobre per la presentazione dei piani futuri: il piano “richiede necessariamente la piena e condivisa implementazione di quelle condizioni di competitività concordate con le Organizzazioni Sindacali che hanno firmato con la Fiat il Contratto Collettivo di Gruppo. Sarà necessario che le parti, che hanno condiviso questo progetto, lo difendano attivamente nei confronti di alcune minoranze, determinate ad impedirne il successo contro gli interessi del Paese e soprattutto degli stessi lavoratori”.
DETERMINAZIONE - Le nuove strategie e i nuovi impegni non fanno dunque cambiare di una riga le posizioni dell’azienda a proposito dei rapporti con i lavoratori e le loro rappresentanze. Anzi, si direbbe che la determinazione sia ancora maggiore. Lo conferma anche la decisione di oggi a proposito della sentenza che il 19 otobre scorso ha imposto alla Fiat la riassunzione di 19 addetti che erano rimasti fuori dalla FIP, Fabbrica Italia Pomigliano. I 19 avevano fatto causa ritenendo di essere stati vittime di discriminazione. Ora la Fiat ha detto che provvederà a reintegrarli, ma contemporaneamente avvierà la procedura di mobilità per riduzione di personale di 19 unità.