AZIONI SULL’ALTALENA - Sulla testa di Sergio Marchionne cade un’altra tegola. All’indomani della conferma degli obiettivi finanziari per l’anno in corso, il numero uno della Fiat-Chrysler incassa la bocciatura dell’agenzia di rating Moody’s, che ha declassato il titolo del Lingotto. Ecco spiegato perché ieri le azioni della Fiat sono affondate a Piazza Affari, scendendo del 6,2% a quota 4,04 euro dopo il confortante +7% messo a segno il giorno precedente. Non va meglio oggi. A tre ore dall’apertura della Borsa, il titolo perde il 4,6%, arrivando a valere 3,85 euro.
VOTI ABBASSATI - Secondo gli analisti di Moody’s, che il 26 aprile scorso hanno messo sotto osservazione il gruppo, a pesare sulla Fiat è la maggiore integrazione con la controllata Chrysler. “Il taglio del rating riflette l’aspettativa che il profilo creditizio tra le due società sarà sempre più strettamente allineato nel tempo a causa di una strategia e di attività sempre più intrecciate tra loro”, si legge nella nota diffusa dall’agenzia. Insomma, malgrado Fiat e la controllata Chrysler abbiano gestioni finanziarie separate, gli otto miliardi di dollari di debiti della casa americana peserebbero anche su quella torinese. Per questo, Moody’s ha tagliato da Ba1 a Ba2 il voto sul titolo, dichiarando prospettive negative per il futuro (outlook). A ben vedere, non si tratta di una mossa totalmente imprevedibile: già a febbraio, i colleghi di Standard & Poor’s avevano abbassato il rating a BB (un voto che grossomodo equivale al Ba2 di Moody’s).
SERVONO NUOVI MODELLI - L’agenzia punta il dito anche contro la strategia commerciale del Lingotto, rilevando il ritardo e la scarsa regolarità con cui vengono rinnovati i modelli. Questo, secondo Moody’s, “sta logorando la posizione competitiva del gruppo”; inoltre, “l’eventuale decisione di rinviare l’introduzione di nuovi importanti modelli potrebbe indebolire la posizione competitiva dell’azienda e provocare ulteriori perdite di quote di mercato”. Fuor di metafora, se dovesse essere rinviato di un anno il lancio della nuova Punto, come qualcuno ha supposto nei giorni scorsi, la situazione potrebbe peggiorare. Qualcosa, su questo fronte, comunque si sta muovendo: pare infatti che lo stabilimento di Melfi, da cui esce la Punto Evo, il mese prossimo si fermerà per otto giorni.
PIANI FUTURI - In ogni caso, sulla carta la Fiat ha annunciato di recente la volontà di lanciare 23 nuovi modelli nel Vecchio Continente tra il 2012 e il 2014: sei Fiat, cinque Lancia-Chrysler, uno Abarth, sette Alfa Romeo, due Jeep e due Fiat Professional. I restyling di modelli già esistenti saranno invece dodici. Per quanto riguarda i marchi che fanno capo alla Chrysler, i nuovi modelli saranno complessivamente 18, sette i restyling. Guardando poi all’anno in corso, la Fiat prevede di chiudere il 2011 con un fatturato di oltre 58 miliardi con 1,7 miliardi di utile netto, confermando inoltre l’obiettivo di salire al 58,5% della casa di Auburn Hills, dall’attuale 53,5%.
TRATTATIVE SINDACALI - A mettere i bastoni tra le ruote della Chrysler potrebbe però pensarci il sindacato. Questa mattina la rappresentanza dei metalmeccanici statunitensi (Uaw) e l’azienda hanno comunicato congiuntamente l’intenzione di prolungare i negoziati per il rinnovo del contratto (scaduto) fino al 19 ottobre; trattative che avrebbero dovuto concludersi la scorsa settimana, ma che sono saltate dopo la mossa a sorpresa di Bob King, numero uno della Uaw, che ha disertato il tavolo della trattativa all’ultimo momento. Nel frattempo, lo stesso sindacato ha fatto sapere di aver strappato alla General Motors un bonus di 5.000 dollari per i lavoratori, l’aumento di un dollaro della paga oraria per i neoassunti e l’estensione della partecipazione dei dipendenti agli utili realizzati in Messico e Canada, oltre a quelli negli Stati Uniti. King ha dichiarato di puntare a ottenere un accordo simile anche per la Chrysler; dal canto suo, Marchionne non ne vuole sapere.