VISITA ITALIANA - Il numero uno del gruppo Stellantis, Carlos Tavares (nella foto sopra), ha visitato gli stabilimenti di Torino Mirafiori (dove ha confermato che si produrrà anche la nuova Fiat 500 con motore a benzina mild hybrid) e di Melfi; in provincia di Potenza saranno realizzate le nuove auto basate sulla piattaforma STLA Medium, sia elettriche sia ibride (qui per saperne di più), inclusa la nuova Jeep Compass mild hybrid. Dalla Basilicata, Tavares ha risposto con la consueta schiettezza alle domande dei giornalisti, dicendo che i piani attuali prevedono attuali prevedono di arrivare al 2030 con una capacità produttiva in Italia sfruttata al 100%.
“A MELFI LA QUALITÀ CONTINUA CRESCERE” - Il manager ha speso parole entusiastiche proprio per Melfi (nelle foto di questa pagina), dove ha trovato una grande apertura all’innovazione, in una fabbrica che da quattro anni a questa parte continua a crescere dal punto di vista della qualità. Anche il confronto con i rappresentanti dei lavoratori è stato descritto come molto costruttivo. Tavares ha detto che “la loro principale preoccupazione riguarda la svolta elettrica della produzione, a fronte di un mercato per le auto a batteria che in Italia è molto fiacco”. Prima degli ecobonus, partiti ieri e già “bruciati” per quanto riguarda la fascia delle elettriche (“è successa una cosa strana, per la quale aspetto chiarimenti”, dice Tavares) si era scesi a poco più del 2% in totale. Ma “l’Europa è fatta di mercati diversi, dove le elettriche sono più o meno apprezzate: in Italia è così, ma in Scandinavia siamo al 40% del totale. E, dato che oggi il 63% delle auto prodotte in Italia viene esportato, è il caso di non focalizzarsi solo sulle vendite interne”. In ogni caso, prosegue Tavares, “ho trovato interlocutori che sanno che non è stata Stellantis a invitare i costruttori cinesi a venire in Europa, che la competizione sarà dura e che l’unico modo per competere è di andare tutti allo stesso ritmo, rapido, che porta alla crescita”. Mantenendo sempre una grande flessibilità.
“L’EUROPA NON VUOLE CAMBIARE” - A chi gli chiede se serviranno altre fabbriche di batterie, risponde che “tutto dipende da come andrà la richiesta. Oggi siamo al secondo posto in Europa nelle vendite, sia generali, sia delle sole auto a batteria, e vogliamo mantenere queste posizioni gestendo i siti produttivi di conseguenza: se servirà, se ci sarà una maggiore richiesta, agiremo”. In merito ai grandi stravolgimenti e alle tante incognite che gravano sul settore automobilistico nel Vecchio Continente, Tavares non mostra di avere il dente avvelenato con Bruxelles: “C’è chi ha imposto delle regole che prevedono che dal 2035 non si potranno più vendere auto con motori endotermici, ma se i consumatori non si mostrano d’accordo con la velocità con cui viene imposto il cambiamento, noi dobbiamo rispondere alle richieste dei nostri clienti.” E, sull’introduzione di eventuali dazi nei confronti dei produttori cinesi, è ancora più esplicito: “Non mi interessa. Primo, perché devo competere in tutto il mondo e non solo in Europa; secondo, perché si sta cercando di correggere quella che è una distorsione. Bisognerebbe tornare al 2008, quando iniziò il processo che ha portato alla situazione attuale, mettendo in una posizione critica l’industria europea dell’auto a causa di decisioni prese senza adeguati studi sull’impatto che ci sarebbe stato. Il problema è che l’Europa non vuole davvero cambiare. Vuole regolamentare il cambiamento, vuole imporlo, ma senza accettare le gravi conseguenze (in termini economici e occupazionali, ndr) che comporta”.
“I FORNITORI DEVONO CORRERE CON NOI” - Comunque, “non dobbiamo essere troppo duri con noi stessi. Stellantis è composta da 15 marchi e sforna 600-700.000 auto al mese, ciascuna composta da 4.000 parti. Non è un lavoro semplice e comporta un know how che è un vantaggio competitivo forte nei confronti di chi arriva dopo (i cinesi, ndr)”. Tutto questo, a patto che si mantenga un passo deciso nei confronti dell’innovazione e della riduzione dei costi. Quello che Tavares ha visto a Melfi, ma anche quello che si aspetta dalla galassia di aziende che contribuiscono a far uscire le auto dalle linee di montaggio. “Se dobbiamo accettare la sfida di arrivare a produrre le auto a batteria al prezzo di quelle a motore endotermico, per renderle appetibili alla classe media, vuol dire che i prezzi delle prime devono calare del 40%. Dato che l’85% del valore di ogni vettura prodotta riguarda i pezzi che arrivano dall’esterno, la gran parte di questo sforzo deve arrivare dai nostri fornitori. Altrimenti, se ci muoviamo a velocità diverse, se c’è chi non vuole seguirci nella corsa all’innovazione, c’è il rischio che si arrivi a un punto in cui sembrerà più conveniente realizzare internamente quei particolari”.