LE PRIME CRITICHE DALLA GERMANIA - Le misure prese dal governo francese per consentire al gruppo PSA (in alto al centro Philippe Varin, amministratore delegato) di uscire dalla grave crisi in cui versa stanno suscitando reazioni critiche da parte di istituzioni e costruttori. Dichiarazioni in tal senso sono venute da David McAllister, presidente del Lander tedesco della Bassa Sassonia, dove si trova Wolfsburg, quartiere generale della Volkswagen. Da notare che lo stesso Lander detiene il 20% delle azioni della Volkswagen. McAllister ha detto che “la soluzione ai problemi dell’automobile in Europa non possono essere risolti con il denaro pubblico”.
UN CORO DI OBIEZIONI - A McAllister è stato seguito a ruota da Stephen Odell, amministratore delegato della Ford Europa (sede in Germania), il quale ha detto “non sono legali gli interventi statali per sistemare i bilanci delle aziende”. A sua volta anche la Renault (di cui lo Stato francese è azionista per il 15%) ha fatto sentire la sua voce. Il direttore finanziario Dominique Thormann ha dichiarato: “Presteremo grande attenzione alla forma che l’intervento del governo andrà ad assumere. Quando avremo chiaro di che cosa si tratta, cercheremo di fare in modo che non ci siano distorsioni delle regole della concorrenza”.
L’AIUTO ALLA BANCA PSA - Al centro delle critiche c’è soprattutto la garanzia per sette miliardi di euro messa a disposizione dal governo per un prestito obbligazionario necessario per far fronte alla situazione difficile della divisione bancaria del gruppo PSA Peugeot-Citroën. Una iniziativa che difficilmente può rientrare nelle rigide regole previste dall’Unione europea per ammettere interventi pubblici (secondo tali criteri, gli interventi devono avere principalmente una chiara utilità ai fini di far decollare iniziative economiche aggiuntive a ciò che già esiste).
PER ORA NESSUNA INIZIATIVA - Al momento non ci sono notizie di iniziative formali contro il piano del governo francese e del gruppo PSA, ma non è da escludere che qualcosa del genere possa arrivare. Lo ha fatto capire lo stesso David McAllistair. Da parte dei vertici PSA non ci sono state repliche alle critiche. Sulla stampa francese però sono apparsi commetti che hanno ricordato come proprio la Volkswagen abbia fatto orecchie da mercante a ripetuti richiami dell’Unione europea a proposito del suo statuto che attribuisce diritto di veto ai Lander azionisti. Insomma, a polemica si risponde con polemica, ad accusa con accusa.
IL SILENZIO DELLA FIAT - Nel quadro di prese di posizione sull’argomento si segnala l’assenza di qualsiasi intervento da parte della Fiat, il cui amministratore delegato Sergio Marchionne recentemente più volte aveva sottolineato di non puntare ad aiuti pubblici “anche perché non ammessi dall’Unione europea”. Chissà, forse alla Fiat vedono le cose diversamente di come appaiono agli altri costruttori europei, oppure vale il ragionamento “se passa quell’operazione, allora devono passarne anche altre…”.
IN EUROPA NO, FUORI SÌ - Più in generale queste questioni degli aiuti contestati dall’Unione europea mette in luce una certa contraddizione tra la logica comunitaria che impedisce interventi pubblici a sostegno di aziende per salvaguardare i livelli occupazionali e dall’altra la tendenza degli stessi costruttori a impiantare unità produttive in Paesi non appartenenti all’Unione europea, principalmente per le condizioni di favore e per gli aiuti economici avuti dagli Stati (vedi gli esempi in Serbia, Turchia, Messico e Brasile e altri ancora). È possibile obiettare che le situazioni sono differenti e che bisogna valutare le varie iniziative e le forme di sostegno, ma si tratta di materia in cui i confini tra i vari tipi di iniziative sono molto sottili.