Con l’entrata in vigore del nuovo standard Euro 7 per le automobili, non saranno più le emissioni allo scarico a pesare sul bilancio finale, ma verranno misurati anche altri parametri. Con il nuovo regolamento, infatti, verranno posti dei limiti sul particolato derivante dal consumo dei pneumatici. Il limite massimo è ancora da fissare, ma la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) ha già stabilito che questo tipo di emissioni (così come quelle derivanti dai freni) verranno misurate sulla base di un viaggio su strada di 8.000 km e ha fissato le basi per il test.
Non è possibile eliminare l’attrito della gomma con l’asfalto (del resto è proprio l’attrito che consente a una vettura di restare in strada) e anche i pneumatici più virtuosi alla fine del loro ciclo vita perdono circa 1 kg di materiale, quindi l’obiettivo è trovare il miglior bilanciamento tra sicurezza, prezzo e impatto ambientale.
Vista la crescente importanza che tutti questi fattori avranno in futuro, i produttori di pneumatici stanno lavorando su nuovi processi e tecnologie: se da un lato le mescole più dure riducono l’abrasione, e quindi il particolato, dall’altro aumentano anche gli spazi di frenata. La Michelin si affida a sistemi diagnostici in grado di pesare e analizzare le particelle di abrasione in tempo reale con l’obiettivo di sviluppare nuove mescole che producano meno emissioni e siano biodegradabili. Di contro, la Continental si sta concentrando sui materiali: sfruttando il riciclo e gomma naturale ricavata dal dente di leone è possibile ridurre il peso dei pneumatici, con misurazioni interne che mostrano una riduzione dell’usura e della resistenza al rotolamento di circa il 25%. La gamma Elect della Pirelli promette invece una riduzione dell’usura fino al 20%.
Trovare il modo di ridurre il particolato proveniente dalle gomme è reso ancora più complicato dal crescente numero di auto elettriche, che mediamente pesano il 20-30% in più di vetture simili con il motore a combustione. Inoltre, i propulsori a elettroni sviluppano un’elevata quantità di coppia istantanea, che aumenta ulteriormente il carico sui pneumatici. Il risultato, secondo gli studi, è una usura del battistrada fino al 50% più rapida rispetto ai veicoli a benzina.
Tutto ciò si traduce in una maggiore necessità di investire in ricerca e sviluppo e nei test da parte dei produttori di pneumatici. A ciò si aggiungono i maggiori costi delle materie prime. Secondo le stime del settore, tutti questi fattori potrebbero portare a un aumento dei prezzi dei pneumatici fino al 15%.