DIESEL AL CAPOLINEA - Il futuro della mobilità è a batterie. Ne sono certi i relatori presenti al convegno “La rivoluzione italiana delle auto elettriche parte da Milano” promosso dall’associazione Class Onlus e tenutosi presso il Luogo Ideale Spazio Eventi dell’Iper la Grande del capoluogo lombardo. Una previsione scontata visto che gli oratori sono tutti impegnati nella promozione del settore a emissioni zero. A dare credito al presagio emerso dal seminario sono gli studi che stimano per le auto a batterie una quota di mercato del 50% (15% di elettriche e 35% di ibride) entro il 2030, per altro smentiti da altre ricerche che prevedono ancora lunga vita alle auto tradizionali. Più concreta è la dichiarazione di Paolo Matteucci, responsabile della divisione Veicoli Elettrici di Nissan Italia, secondo il quale il motore a gasolio è prossimo alla fine della sua esistenza. Con uno sviluppo secolare e con un’efficienza raggiunta intorno al 40%, continuare a investire sul questa tecnologia non porterà a sostanziali miglioramenti. Viceversa, il motore elettrico vanta efficienze del 90% e una progettazione del sistema che, di fatto, è agli albori e ha ampi margini di miglioramento, in particolare nel comparto batterie. Una visione in linea con quanto dichiarato di recente da Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA, e condivisa da molti responsabili ai vertici dei marchi automobilisti.
UNA QUESTIONE AMBIENTALE - A rendere auspicale la diffusione dei veicoli a zero emissioni sarebbero le esigenze ambientali. Secondo i dati forniti al convegno, le auto elettriche hanno emissioni di CO2 in media inferiori del 50% rispetto a quelle tradizionali considerando il computo dal “pozzo alla ruota”, ossia valutando l’anidride carbonica generata durante le fasi di estrazione, raffinazione, trasporto e consumo del “carburante”. Ancora più significativi sarebbero i vantaggi in termini di qualità dell’aria urbana. L’assenza di polveri sottili, ossidi di azoto e altri inquinanti allo scarico consentirebbe di migliorare l’aria cittadina e, di conseguenza, di ridurre i decessi prematuri (circa 35.000 all’anno in Italia) dovuti all’inquinamento e le spese sanitarie in modo consistente. Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) i costi delle alte concentrazioni di particolato e ossidi di azoto ammontano a livello mondiale a 1.600 miliardi di dollari e potrebbero salire a 24-31.000 entro il 2060 se non si tagliano le emissioni. A favore dell’elettrico sono pure la riduzione dell’inquinamento acustico e di quello a fine vita, dove la vettura è riciclabile al 99% e non necessita dello smaltimento di molti prodotti, come l’olio motore. L’unico neo, le batterie, è superabile con il ripristino per l’impiego per l’accumulo di energia, come proposto da Nissan e altri, o con la tecnologia per il recupero delle sostanze preziose, compreso il litio, in via di sviluppo da CNR e Cobat.

INCENTIVI SI O NO? - Se l’avvento delle auto elettriche sarebbe auspicabile per l’ambiente, rimangono le incognite degli alti costi di acquisto e dell’autonomia che limitano le vendite, appena 1.403 unità pari allo 0,1% del mercato in Italia nel 2016. In tema di prezzo si è discusso sulla necessità a meno di introdurre incentivi per ridurre i più alti listini delle vetture con batterie. Una pratica diffusa all’estero con alterne fortune. In Francia il provvedimento a favore delle elettriche ha avuto notevole successo grazie a un contributo di 6.300 euro incrementabile di altri 3.700 euro rottamando un’auto diesel. Viceversa, in Germania lo “sconto” di 4.000 euro per l’acquisto ha riscosso meno apprezzamenti rispetto ai provvedimenti introdotti nel 2014 che prevedevano agevolazioni pratiche, quali il parcheggio gratuito o l’accesso alle ZTL. In Italia gli incentivi del passato sono falliti per l’inclusione dei veicoli a gas e le regole a favore delle auto elettriche sono troppo diverse tra le varie città, mentre basterebbe omogeneizzarle come suggerisce Pietro Menga, presidente del Cei-Cives.
MILANO ELETTRICA - La città più convinta a perseguire le agevolazioni pratiche è, fino ad oggi, Milano che proprio nel giorno del convegno ha inaugurato le nuove regole (qui per saperne di più) per l’accesso all’Area C che delimita il centro cittadino che, di fatto, esentano dal pagamento del ticket di 5 euro soltanto le auto elettriche e, fino al 14 ottobre 2019, le ibride. Una restrizione che ha suscitato polemiche soprattutto da parte dei possessori di auto a Gpl e metano, prima esenti (ma una delibera del 2013 stabiliva già il futuro pagamento), ma voluta proprio per favorire la diffusione dei modelli a emissioni zero. Un provvedimento che si aggiunge al parcheggio gratuito, all’assenza di restrizioni alla circolazioni nelle giornate di blocco del traffico e a una tariffazione conveniente (ma nel 2017 potrebbe diventare più cara) per la ricarica presso le colonnine A2A: 30 euro di iscrizione e 5 euro mensili senza limiti di energia prelevata. Un mix di benefici che, non a caso, fanno di Milano la città con più auto elettriche immatricolate, circa il 10% del totale venduto in Italia.
COLONNINE FAST IN AUTOSTRADA - L’altro limite alla diffusione dei veicoli elettrici è, come detto, l’autonomia. Il realtà il problema non riguarda molto le batterie delle auto: i modelli più recenti assicurano 300 o più km di autonomia e le percorrenze medie degli italiani sono modeste: l’87% dei 37 milioni di veicoli della Penisola fa ogni giorno meno di 60 km, quindi ben sotto le distanze assicurate dall’energia negli accumulatori. Piuttosto a preoccupare è la rete di ricarica pubblica: poche colonnine con potenza lenta (3 kW) o veloce (22 kW) concentrata in città e assente nelle tratte extraurbane e in autostrada. Una situazione di arretratezza dovuta alla burocrazia (qui per saperne di più) che ha impedito di sfruttare le risorse disponibili per lo sviluppo dell’infrastruttura (spesi solo 6.300 euro dei 50 milioni di euro di fondi) e che, come sottolineato da Nicola Lanzetta di Enel, rende lunga e complicata l’installazione dei “distributori”. Una soluzione arriva proprio da Enel che ha avviato il piano Eva+ per installare 200 colonnine fast charge lungo la rete autostradale. Erogatori con potenze fino a 50 kW che consentirebbero di rabboccare le batterie in tempi compatibili con una sosta autostradale. La prima colonnina dovrebbe debuttare a metà 2017 ed essere seguita in rapida successione dalle altre. A rafforzare l’infrastruttura sarebbero anche i piani di espansione delle colonnine di Enel (500 punti di ricarica installati nel 2016) e degli altri operatori, compresa la catena di supermercati Iper che in Lombardia ha 40 punti di ricarica con “rifornimento” gratuito (foto qui sotto).

PROVVEDIMENTI CON LA “SCOSSA” - Buone notizie arrivano dai recenti provvedimenti approvati in materia. Il primo è il decreto legislativo 257/2016 (qui per saperne di più) che stabilisce l’obbligo installare erogatori nelle stazioni di servizio e di predisporre punti di ricarica nei nuovi edifici dal 2018. Una disposizione, quest’ultima, importante poiché la possibilità di fare il “pieno” a casa risolverebbe, secondo i relatori, molti problemi degli utenti di auto elettriche, come quello di trovare “prese” pubbliche libere. Una risorsa ancora non sfruttata poiché gli italiani con i box sono pochi e, ancora di meno, quelli con impianti elettrici adeguati per installare le wall box. A confermare la difficoltà nel realizzare un “distributore” domestico è il provvedimento (qui per saperne di più) della Regione Lombardia che finanzia con un contributo fino a 1.500 euro l’applicazione della wall box. Dei 1,2 milioni di euro di fondi disponibili ne sono stati sfruttati soltanto 76.000 euro costringendo l’amministrazione a prorogare i termini fino al 31 dicembre 2017. Dalla Regione, che ha un piano organico per lo promuovere la mobilità elettrica, arrivano quest’anno anche 20 milioni di euro a favore dei Comuni con più di 30.000 abitanti per installare nuove colonnine di ricarica. Altro provvedimento riguarda la modifica dell’articolo 158 del Codice della Strada per consentire ai vigili urbani di multare (la sanzione varia da 85 a 338 euro) le auto in sosta, comprese le elettriche, che stazionano negli stalli per la ricarica senza effettuare il “pieno”. Una norma in apparenza marginale, ma molto sentita dai possessori di vetture a batterie poiché con la diffusione delle auto con la “scossa” e il numero limitato di colonnine sta diventando sempre più complicato trovare una “presa” libera.
RICARICA CON BANCOMAT - A ravvivare il dibattito durante il convegno è stato pure il tema della interoperabilità delle infrastrutture di ricarica, ossia della possibilità di fare il “pieno” presso tutte le colonnine di ricarica a prescindere dal possesso di abbonamenti con un gestore. Oggi gli accordi di roaming sono pochissimi e chi ha l’esigenza di fare “rifornimento” da prese di diversi gestori (in Italia sono una decina) si deve premunire di più tessere. Più che gli accordi tra i singoli operatori, la soluzione proposta da Lorenzo Giussani di A2A è di consentire l’accesso a tutti gli stalli senza obbligo di tessera specifica, ma abilitando collegamento e pagamento tramite carta di credito o bancomat. Ancora più semplice è la soluzione di Nicola Lanzetta di Enel: ogni gestore dovrebbe realizzare delle app per abilitarsi e utilizzare i servizi con pochi passaggi. In questo modo, per l’utente sarebbe sufficiente scaricare le app e adoperare quella richiesta per la colonnina specifica così come avviene per i servizi di car sharing. Una tecnologia già adottata da Enel con E-go, app che consente di fare il “pieno” dai propri “distributori” a 2,5 centesimi al minuto.


