LE AUTORITÀ SAPEVANO? - La notizia è stata lanciata dal quotidiano Die Welt che dice di essere in possesso di un documento nel quale si evidenzia che il Governo tedesco e la cacelliera Merkel (nella foto insieme all'ad Martin Winterkorn) sapevano da mesi della vicenda delle emissioni irregolari di alcuni motori diesel della Volkswagen. Un colosso parzialmente pubblico (il 20% è in mano alla regione della Bassa Sassonia) che dà lavoro a 600.000 persone e contribuisce non poco al PIL della Germania. A quanto pare già a luglio ci fu un'interrogazione dei Verdi nei confronti della vicenda e il Ministro dei trasporti avrebbe risposto di non essere all'oscuro del fatto. Sempre dallo stesso documento citato dal Die Welt emergerebbe che anche le autorità di Bruxelles erano informate.
LA PAROLA AL VERTICE - Intanto sono ore febbrili a Wolfsburg, sede del gruppo Volkswagen. Tutte le divisioni del colosso tedesco sono in qualche modo pesantemente coinvolte nello scandalo che da un giorno all’altro ha messo il gruppo in una posizione delicatissima. Tutti gli occhi sono però puntati sulle iniziative che andrà a prendere il consiglio sorveglianza, le venti persone che governano le strategie di fondo del gruppo. Una riunione del consiglio era già stata fissata per venerdì 25 settembre, ma all’ordine del giorno doveva esserci la proroga fino a tutto il 2018 del mandato di amministratore delegato a Martin Winterkorn, mentre ora in discussione ci sarà l’esatto opposto, cioè l’allontanamento di Winterkorn dall’incarico.
L’ATTACCO DI PIECH - Va ricordato che poco tempo fa lo stesso Winterkorn aveva respinto un attacco mossogli da Ferdinand Piech, il carismatico rappresentante della famiglia Porsche azionista di maggioranza del gruppo, proprio ottenendo l’appoggio della maggioranza dei membri del consiglio. Ora è tutto da vedere quale sarà l’atteggiamento nei confronti del top manager di fronte alla esplosiva vicenda dei test delle emissioni. La casa ha già ammesso pubblicamente che ben
11 milioni di auto dotate del motore 2.0 TDI serie AE189 emettono, nell'uso normale, più sostanze inquinanti rispetto ai test di omologazione (
qui per saperne di più).
I POSSIBILI SOSTITUTI - Da un paio di giorni la stampa tedesca insiste sulla eventualità che Winterkorn lasci il suo incarico per lasciare il posto o a Matthias Muller, attuale amministrare della Porsche, o a Herbert Diess, arrivato ai primi di luglio al vertice della marca Volkswagen, proveniente dalla BMW. A favore di Winterkorn ci sono gli indubbi sviluppi fatti dal gruppo negli anni della sua gestione, ma certamente pesano i problemi sorti negli Stati Uniti con lo scandalo “dieselgate”, tra l’altro arrivato in un contesto sfavorevole per la Volkswagen sul mercato Usa. È probabile che chiave di volta per orientare le decisioni dell’organismo dirigente del gruppo Volkswagen sarà la misura in cui Winterkorn era informato di ciò che stava succedendo con il software del motore 2.0 TDI, al centro della vicenda. Se risultasse che sapeva tutto, o anche solo un po’, difficilmente potrebbe essere salvato.
L’INIZIO DELLA STORIA - Tutto è iniziato all’inizio del 2014, quando la sede europea dell’ICCT (International Council on Clean Transportation) ha voluto far sottoporre alcune auto diesel ai controlli delle emissioni da parte del Centro per i carburanti alternativi dell’Università della West Virginia, negli Stati Uniti. L’iniziativa era nata per cercare di dare una risposta a dubbi conseguenti a risultati discrepanti di test compiuti in Europa. Le auto controllate sono state una Volkswagen Jetta 2.0 TDI del 2012, una Passat 2.0 TDI del 2013 e una BMW X5. I test si sono svolti in laboratorio e lungo un percorso di circa 2.000 km, da San Diego a Denver, lungo la costa occidentale degli Stati Uniti.
ESITI STUPEFACENTI - Nel maggio 2014 i tecnici dell’Università della West Virginia hanno comunicato i risultati delle prove: la BMW X5 non aveva dato luogo a esiti particolarI e dunque era stata “promossa”, mentre le Volkswagen Jetta e Passat avevano dimostrato un comportamento sorprendente: era evidente che il motore 4 cilindri 2.0 TDI aveva regolazioni e funzionamenti diversi nei test di controllo delle emissioni, rispetto a quando l’auto viaggiava su strada senza preoccupazioni di rilevamenti. Le differenze conseguenti sulla quantità di ossido di azoto (NOx) erano enormi: da 15 a 40 volte quanto rilevato sui banchi dei laboratori (dunque quanto risultate nei test di omologazione).
IL COINVOLGIMENTO DELLE AUTORITÀ - Immediatamente i risultati sono stati forniti all’Agenzia federale per la protezione dell’ambiente (EPA) e all’analogo organismo californiano CARB (California air resourse board). A dicembre 2014, dopo avere sostenuto che le discrepanze nelle emissioni erano dovute a condizioni ambientali locali, la Volkswagen ha emesso un richiamo di circa mezzo milione di auto negli Usa per provvedere a modificare il software. A maggio del 2015 il CARB e l’EPA svolgono altri test sulle vetture su cui era stato installato il software modificato come da richiamo della casa, ma gli esiti cambiano di poco rispetto ai controlli precedenti.
OMOLOGAZIONI IN SOSPESO - All’inizio dell’estate 2015 l’EPA e il CARB comunicano alla Volkswagen che non rilasceranno certificati di omologazione per le auto “anno modello” 2016 se prima la casa non avrà reso disponibile un nuovo software in regola con gli standard di emissioni in vigore. Il 3 settembre, durante un’audizione con l’EPA, la Volkswagen riconosce che il proprio software è in grado di modificare la regolazione del motore a seconda se si sta compiendo un test di controllo o no.
LA BOMBA - Il 18 settembre le autorità dell’ambiente americane, EPA e CARB, rendono pubblica la vicenda, mettendo sotto accusa la Volkswagen per aver infranto il Clean Air Act, la legge sull’ambiente. Ciò per aver venduto auto che appunto non rispettano gli standard di legge per le emissioni. Come conseguenza di questo fatto viene paventata la sanzione di 18 miliardi di dollari. Il giorno dopo la Volkswagen sospende le vendite negli Usa delle vetture mosse dal motore 4 cilindri 2.0 TDI e inizia il diluvio di notizie.
GLI INTERROGATIVI - In pochi giorni, si potrebbe dire in poche ore, la vicenda è diventata gigantesca, suscitando al tempo stesso interrogativi altrettanto grandi. Il primo, più immediato, riguarda le ripercussioni che lo scandalo potrà avere sulla Volkswagen. Oltre ai miliardi che dovrà sborsare come sanzioni e costi dei richiami, quale sarà il prezzo delle conseguenze sull’immagine e la credibilità del marchio? Gli investitori in Borsa hanno subito espresso il proprio giudizio negativo, ma ancora di più pesante potrebbe essere il responso dei mercati e delle class action che potrebbero essere avviate.