SOSTENIBILITÀ A 360° - Sembra ormai tracciata la strada che porta alle auto con emissioni locali zero. Ma non basta realizzare una vettura che non inquina con il suo scarico, bisogna guardare a tutti gli aspetti che concorrono alla sua costruzione. Sappiamo infatti che la “carbon footprint” di un veicolo dipende da molti elementi: per esempio, con quali materiali viene costruito, com'è alimentata la fabbrica, oppure come viene smaltito. Si parla sempre di più emissioni nel ciclo di vita, per ridurre le quali bisogna agire su vari aspetti.
ARRIVA L’ACCIAIO VERDE - Oggi sono molto diffusi i rivestimenti fatti di tessuto prodotto con plastica riciclata, ma questa è solo una parte dei vantaggi ambientali che è possibile ottenere ripensando la costruzione di un’automobile. I materiali utilizzati nel telaio e nella carrozzeria dell'auto inducono infatti molte emissioni durante la loro lavorazione. La Kia, per esempio, ha implementato il monitoraggio delle emissioni di CO2 per i suoi fornitori e si è impegnata a utilizzare in futuro solo "acciaio verde", prodotto cioè senza l'uso di combustibili fossili. Questa misura avrà effetti sostanziali, dato che si calcola che la produzione di acciaio rappresenti da sola l'8% delle emissioni globali di gas serra. La Volvo, poi, ha recentemente ricevuto la prima spedizione di acciaio green prodotto con la tecnologia Hybrit. Questa nasce dalla joint venture fra l’azienda siderurgica SSAB, LKAB, il più grande produttore europeo di minerali ferrosi, e Vattenfall, uno dei maggiori produttori di energia in Europa. Si tratta di un processo tecnologico per la produzione di acciaio senza materiali ed energia fossili e quindi con emissioni di anidride carbonica bassissime. In questo processo il carbon coke, tradizionalmente necessario per la produzione dell’acciaio, viene infatti sostituito con elettricità da fonti rinnovabili e idrogeno.
RIPENSARE LE AUTOMOBILI - Anche la Volkswagen è della partita: la sua concept ID.Life (qui per saperne di più), ad esempio, ha il tettuccio asportabile e il cofano realizzati con bottiglie in PET riciclate, rendendoli non solo più leggeri, ma anche più economici da produrre rispetto a quelli tradizionali. La verniciatura è poi uno dei processi a maggior impatto ambientale, la riduzione del quale è fra gli obiettivi principali delle azioni dei costruttori. Lamborghini, per esempio, quando ha ampliato nel 2019 il suo stabilimento di Sant'Agata bolognese per la Urus, ha costruito un nuovo reparto verniciatura studiato per ridurre del 30% l'impatto ambientale. Si è quindi usato un isolamento termico più efficace, l’illuminazione a LED e l’utilizzo al 95% di vernici a base acquosa. Le emissioni residue di solventi vengono poi bruciate per generare calore utile per l'alimentazione dei forni della linea di verniciatura. Un nuovo sistema di estrazione dell'aria ha poi permesso di innalzare fino all'80% la quantità della vernice che effettivamente arriva sulla carrozzeria.
UN FUTURO SENZA VERNICE? - Ma la vernice che inquina meno è quella che non c’è. L’eliminazione della verniciatura tout court verrà nella produzione di serie per esempio nel Tesla Cybertruck che evita anche gran parte delle operazioni di stampaggio grazie alla forma delle sue superfici. Le concept ID.Life e BMW Vision Circular hanno scocche non verniciate trattate con una finitura anodizzata. L'ID Life, ad esempio, ha una finitura che utilizza trucioli di legno riciclati e un indurente a base biologica; questa combinazione di materiali è poi riciclabile completamente senza lavorazioni ulteriori. Queste possibilità sono considerate con attenzione da molti costruttori.
SI FA PRESTO A DIRE "INTERNI" - L'introduzione di nuovi materiali per gli interni in un veicolo è un processo molto più complesso di quel che non si possa pensare. Il motivo è semplice: l'uso automotive deve soddisfare tantissimi requisiti, dal rilascio di sostanze nell’aria alla durata e alla non infiammabilità. Per esempio ci vogliono anche quattro anni per trovare, testare e valutare nuovi materiali da utilizzare su una volkswagen Volkswagen. La questione delle emissioni legate ai materiali è da considerare con attenzione perché un tessuto la cui produzione è s bassa CO2 potrebbe perdere questo vantaggio se richiede ulteriori lavorazioni per il suo utilizzo. Se per i materiali “visibili” sono già impiegati tessuti come il Seaquel delle Fiat Panda e 500 realizzato con plastiche recuperate dal mare, altri studi si focalizzano su quelli nascosti alla vista. La BMW sta valutando, per i pannelli delle portiere, una schiuma a base di fibre di canapa: è più leggera, la sua produzione emette poca CO2 e addirittura può arrivare ad una carbon footprint negativa perché la crescita della pianta può assorbire più anidride carbonica durante di quanta ne viene emessa nella lavorazione della schiuma stessa.
PELLI VEGANE E PNEUMATICI AL RISO - La Polestar sta valutando compositi, molto leggeri e resistenti, con fibre di lino, una pianta che viene spesso usata durante la “rotazione” delle colture (si alternano coltivazioni per far arricchire la terra di sostanze nutritive) e che quindi non sarebbe in competizione con le colture alimentari. Ma anche la pelle può essere più sostenibile: dato che fa parte dell’identità di Bentley, lo storico marchio inglese ha fatto accordi con produttori europei che producono soltanto pelli che sono sottoprodotti dell'industria alimentare e che quindi non implicano la macellazione di capi solo per la produzione delle pelli stesse. Perfezionamenti nel taglio minimizzano poi gli scarti. Bentley sta inoltre valutando anche il Wine Fabric di Vegea, una pelle vegana realizzata con bucce, raspi e semi scartati nel processo di raccolta dell’uva e della produzione del vino. Se la “pelle” a base d'uva non vi sembra abbastanza strana vi potrebbero poi interessare il Pinatex, a base di fibre di ananas, e il Desertex, realizzato con i cactus. Gli studi riguardano anche gli pneumatici, con Michelin che ha testato coperture fatte per il 40% da materiale riciclato a base biologica nel campionato E bike. È sempre il concept ID.Life a sfoggiare pneumatici fatti di gomma prodotta in modo sostenibile e riciclata, lolla di riso e olio vegetale.
ANCHE LE FABBRICHE DIVENTANO SOSTENIBILI - Gli impianti industriali consumano moltissima energia e quindi il primo passo da compiere per “ripulirli” è alimentarli con energia da fonti rinnovabili. Lo storico stabilimento Bentley a Crewe ha 10.000 pannelli fotovoltaici, sistemati nelle pesniline dei parcheggi e sul tetto, che producono ben 7,7 MW di elettricità. Anche la logistica ha ridotto le sue emissioni di CO2 di oltre l'86% tramite la conversione in elettrico di 250 carrelli elevatori e la modifica di 10 camion in modo che possano funzionare con carburante prodotto utilizzando olio vegetale. A questo si aggiunge un sistema di recupero delle acque reflue con un impianto ad osmosi inversa che ricicla 350.000 litri di acqua contaminata l’anno. Anche l’Italia ha i suoi esempi virtuosi, a partire dall’importante progetto dell’ex FCA al Lingotto, con 12.000 pannelli fotovoltaici nelle pensiline dei parcheggi e il progetto di allacciare fino a 700 veicoli elettrici connessi alla rete elettrica in una grande sperimentazione di Vehicle-to-Grid (qui la notizia). Lamborghini si è invece accordata con un impianto di cogenerazione a biogas: l'energia in eccesso riscalda l'acqua che viene poi inviata allo stabilimento di Sant’Agata per un risparmio di circa 1800 tonnellate di CO2 l’anno.
IL CONVITATO DI PIETRA, LA BATTERIA - E poi c’è l’onerosa, anche in termini ambientali, produzione delle batterie per le auto elettriche. Al di là delle emissioni di CO2, a preoccupare sono anche gli aspetti sociali: Volvo, ad esempio, sta utilizzando la blockchain per tracciare le fonti dei materiali usati nelle sue automobili evitando così gli sfruttamenti della manodopera. Un’altra strada importante è la massimizzazione della durata delle batterie, con Porsche che ha sviluppato la riparazione delle batterie della Taycan, utilizzando sia centri di riparazione sia "flying doctor” che possono riparare a domicilio. Questi tecnici sanno smontare la batteria, identificare quale modulo è danneggiato e quindi cambiarlo, ripristinando il battery pack invece di sostituirlo. Ma l'obiettivo finale è riciclare le batterie e molti fornotori sviluppano e testano impianti per scomporre le batterie nei loro singoli elementi che possono essere quindi riutilizzati in nuove automobili. Molte delle tecnologie sono quindi in fase di studio e sviluppo ed è logico che sia così, dato che gli ambiti che li riguardano sono in gran parte inesplorati: aspettiamoci quindi molte, interessanti novità.
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