PASSAGGIO DI TESTIMONE - Una dei più importanti cambiamenti dell’automotive è iniziato circa 10 anni fa, quando la Tesla Model S ha sdoganato l’automobile elettrica erodendo quote di mercato ai marchi tradizionali. Secondo AlixPartners si sta ora profilando un’altra rivoluzione, che vede come protagonista non una marca ma un’intera industria, quella cinese. La società di consulenza ha infatti indicato, nel suo Global Automotive Outlook 2023, le case automobilistiche cinesi come il più grande fattore di rottura del settore, realtà da tenere d'occhio. Nel rapporto si legge per esempio che i brand cinesi sono “pronti a diventare la forza che plasmerà l'industria automobilistica globale nei prossimi anni e quindi le Case tradizionali dovranno cambiare radicalmente i loro modelli di business per fronteggiare queste trasformazioni”. Queste mutazioni dovranno riguardare un po’ tutto, dalle caratteristiche dei veicoli agli assetti aziendali fino all’implementazione di approcci differenti alla velocità e al rischio del cambiamento.
PRESSIONI PERSISTENTI NEL POST-PANDEMIA - Anche se gli effetti della pandemia da Covid-19 e dei suoi strascichi (scarsità delle materie prime e dei chip, prezzi in aumento) sembrano alleviarsi, rimangono “pressioni senza precedenti che derivano da questioni tecnologiche e competitive forse in grado di alterare regole e modelli di business che esistono da decenni”. A dirlo è Mark Wakefield, global co-leader automotive and industrial practice in AlixPartners, il quale osserva che rispondere a queste sfide “richiede varie azioni, quali il riconsiderare, da parte delle aziende, le filosofie di sviluppo e produzione dei loro prodotti fondamentali. In questa revisione va inclusa una definizione rigida delle priorità che metta al primo posto le funzionalità più appetibili per i clienti di domani”.
IN MARCIA VERSO UN FUTURO ELETTRICO - In questo senso è facile pensare ai servizi in abbonamento, magari con funzionalità da remoto (qui per saperne di più). Gli analisti prevedono che nel 2023 le vendite globali di automobili aumenteranno del 5% rispetto al 2022, ritornando così al 92% dei livelli pre-COVID. Questo incremento deriva da un aumento del 10% negli Stati Uniti, del 6% in Europa e del 3% in Cina. Prevista anche una diminuzione del prezzo medio di acquisto dei veicoli di circa il 7% negli Stati Uniti entro il 2025, conseguenza di una produzione che aumenta insieme alle scorte - grazie anche alla progressiva diminuzione della scarsità dei chip - e di tassi di interesse che rimangono alti, raffreddando la domanda. Gli investimenti nell'elettrificazione sono raddoppiati negli ultimi due anni, ammontando ora a circa 616 miliardi di dollari a livello globale. Si prevede inoltre che le vendite dei veicoli elettrici a batteria saranno la maggioranza entro il 2035, arrivando al 59% negli Stati Uniti,al 66% in Cina e a una clamoroso 82% in Europa.
L’ESPANSIONE CINESE - Stephen Dyer, Asian leader automotive and industrial practice di AlixPartners, ritiene che il mercato automobilistico cinese sia cambiato radicalmente negli ultimi anni: le vendite dei veicoli elettrici, per esempio, sono stimate valere il 25% in quest'anno contro il 5% del 2019. Secondo Dyer "il 2023 è stato notevole per il mercato automobilistico cinese, un periodo di svolta", anche perché per la prima volta le vendite dei marchi cinesi in Cina dovrebbero superare quelle dei brand stranieri nel loro mercato interno. C’è di più, dato che ci si aspetta che i marchi cinesi arriveranno al 65% del mercato interno entro la fine di questo decennio. Questa cavalcata trionfale deriva principalmente dalla grande crescita delle vendite di veicoli elettrici nel mercato interno, a sua volta trainata dai massicci investimenti del governo cinese per sostenere il passaggio ai veicoli elettrici: i 57 miliardi di dollari messi in campo nell'ultimo decennio, spesi non solo in incentivi ma anche in investimenti industriali, equivalgono a circa cinque volte gli importi investiti dal governo statunitense.
FORMULA VINCENTE - Un altro fattore chiave è che i marchi cinesi hanno trovato la formula per produrre prodotti moderni, eleganti e tecnologici che attirano i consumatori locali anche grazie a prezzi convenienti. I governanti cinesi hanno inoltre probabilmente pensato che la mobilità elettrica potesse offrire una ‘ripartenza’ per l’automotive, annullando di fatto l’esperienza dei motoristi tradizionali, sia dei pionieri europei e statunitensi sia dei (relativamente) nuovi player giapponesi e coreani. C’è anche da considerare che la Cina è ricchissima di minerali e terre rare, elementi indispensabili per batterie e motori elettrici: la loro criticità è tale che si sono studiati motori elettrici privi di magneti (qui per saperne di più). Gli analisti si aspettano inoltre che le case automobilistiche cinesi crescano d’importanza in tutto il mondo, Stati Uniti compresi, e in effetti nel primo trimestre i produttori cinesi hanno conquistato per la prima volta la vetta come numero globale di automobili esportate.
CAMBIARE PER VIVERE - Questi fattori concomitanti secondo gli analisti si traducono nella necessità, per le case automobilistiche legacy, di adattare di conseguenza i loro modelli operativi e di business. I costruttori tradizionali dovranno rivedere il loro approccio allo sviluppo del prodotto e all'approvvigionamento dei componenti, concentrandosi maggiormente sulle richiestissime funzionalità tecnologiche piuttosto che su qualità tradizionali quali la guida e l’handling. Mark Wakefield ritiene che ci sia ancora "tempo sufficiente perché le case automobilistiche tradizionali possano fare questo cambiamento, muovendosi verso questo nuovo modello di business". Quindi se Tesla è stata il motore del cambiamento nel decennio iniziato nel 2012, e la recente adesione di molti costruttori legacy al suo connettore NACS (qui la notizia) lo ha dimostrato, la marea di marchi cinesi emergenti sarà ancor più sfidante in questi anni ‘20 e ‘30. Si può quindi fare qualcosa ma occorre affrettarsi, per esempio con dazi simili a quelli imposti dalla Cina oltre ai cambiamenti nel modello di business, perché il crescente peso dei marchi cinesi, in patria e all’estero, potrebbe costare bei miliardi (qui per saperne di più).