Alle prese con un fatturato in discesa a causa di un calo delle vendite che prosegue ormai da diversi mesi (qui la notizia), la Tesla è stata condannata a pagare un risarcimento di 242,5 milioni di dollari a per un incidente del 2019. La cifra è stata ottenuta sommando i 42,5 milioni da versare come risarcimento per i danni parzialmente provocati dall’Autopilot, il sistema di guida autonoma della casa americana, agli ulteriori 200 milioni di dollari, che la Tesla è stata condannata a pagare come danni punitivi per aver provato a nascondere le prove.
Nella primavera del 2019, dopo aver parcheggiato la loro vettura ed essere scesi da essa, la 22enne Naibel Benavines Leon e il suo ragazzo Dillon Angulo (27 anni) sono stati travolti nei pressi di un incrocio da una Tesla Model S (nelle foto), che che viaggiava a circa 100 km/h. Dillon venne sbalzato a oltre 20 metri dal punto d’impatto, “cavandosela” con diverse ossa rotte e una lesione cerebrale, mentre Naibel morì sul colpo. Il guidatore della Model S, George McGee, affermò di essere stato distratto dal telefono prima dell’incidente, confidando che l’Autopilot attivo in quel momento si sarebbe occupato della guida. Dillon Angulo e i familiari di Naibel decisero quindi di citare in giudizio anche la Tesla.

Nel dibattimento, la Tesla ha provato a sostenere che l’Autopilot avesse funzionato come previsto, cercando di scaricare la colpa interamente sul guidatore, che viaggiava al di sopra del limite di velocità. Sebbene la giuria abbia ritenuto McGee il principale responsabile dell’incidente, ha anche stabilito che la casa produttrice dell’auto condivideva con lui il 33% della colpa (da qui i 42,5 milioni di dollari come danni compensativi per le vittime). Secondo la giuria, il sistema Autopilot della Tesla non ha funzionato correttamente durante l’incidente, non riuscendo ad avvisare il conducente e a evitare la collisione. Inoltre, è stato anche stabilito che il sistema non avrebbe dovuto essere attivo su strade urbane o extraurbane, come quella in cui è avvenuto il sinistro, ma solo su autostrade.
Ai danni compensativi si sono aggiunti anche i 200 milioni di dollari di danni punitivi. La prova più importante del processo, secondo gli avvocati dei querelanti, era infatti un video dell’incidente che includeva i dati del computer del sistema di guida automatico. Inizialmente la Tesla, tramite il suo avvocato, non aveva inviato alla polizia tutti i dati dell’incidente, dopo aveva detto che i file erano corrotti e non potevano essere recuperati. Dopo varie vicissitudini, un perito della parte offesa è riuscito a scoprire che queste informazioni potevano essere recuperate: sebbene fosse stato cancellato dall’auto, tre minuti dopo la collisione il file era stato caricato sui server della Tesla. Recuperato il file, la giuria ha sottolineato come la Tesla abbia cercato di nascondere informazioni cruciali sulla collisione.

“Il verdetto di oggi è sbagliato e serve solo a ostacolare la sicurezza automobilistica e mettere a repentaglio gli sforzi della Tesla e dell’intero settore per sviluppare e implementare tecnologie salvavita”, ha commentato la casa automobilistica preannunciando il ricorso. La posizione ufficiale dell’azienda è sempre la stessa: “Non si è mai trattato del pilota automatico; era una finzione inventata dagli avvocati dei querelanti che incolpavano l’auto, mentre l’autista da subito ha ammesso e accettato la responsabilità”.































