Come detto, la mia è una 146 1.4 Twin Spark , in allestimento L. In realtà, però, questa sigla non dice tutto, perché – intorno ai 15.000 km – decisi di regalare alla mia macchina il pacchetto sportivo di tipo tecnico che la Linea Accessori Sport dell’Alfa Romeo aveva in catalogo. Dunque, è una 146 che meccanicamente si avvale di alcuni plus, tutti ben studiati e previsti dalla Casa già in fase di progetto, in modo integrato. Nulla di estemporaneo, quindi, ma tutti componenti originali. Questo pacchetto comprendeva: un avantreno con specifici montanti delle sospensioni (caratterizzati da geometria ed angoli di ancoraggio completamente diversi), quattro molle progressive Alfa Romeo realizzate dalla Eibach, una barra duomi anteriore regolabile Alfa Romeo realizzata dalla Sparco, una diversa idroguida con taratura del 37% più diretta rispetto a quella d’origine (risultato: 1,9 giri di volante in totale, da fondo corsa a fondo corsa). A questo pacchetto ho poi aggiunto quattro nuovi cerchi in lega da 7Jx15” con gommatura 195/50 e uno scarico (sezione centrale e sezione terminale) 100% inox della Ragazzon. La guida di questa 146 è oggi praticamente neutra: un assetto assolutamente piatto, uno sterzo quasi da kart che miscela sapientemente prontezza e progressività, assenza di qualunque esitazione sia in inserimento di curva che dentro la curva stessa e in uscita da essa (sottosterzo assente e gran tenuta). Insomma, la 146 con pacchetto Linea Sport trasmette sul serio la sensazione di essere aggrappata all’asfalto. Ovviamente, per qualcosa che si guadagna c’è sempre qualcosa di altro che si perde: in questo caso, è andata persa un po’ della capacità di filtrare le asperità del fondo stradale. Intendiamoci, non si tratta di un decadimento verticale del confort, perché – comunque – si tratta sempre e solo di interventi effettuati usando componenti previsti dalla Casa. Quindi, nulla di estremo, nulla di eccessivo, nulla di drammatico: anche così si viaggia comodi su qualunque fondo, ma certamente non è un’auto che si trova completamente a proprio agio su fondi sterrati o comunque su asfalti danneggiatissimi. Il Twin Spark 16v da 1,4 litri lo trovo ancora oggi eccellente. Si tratta di un “superquadro”, un motore con corsa dei pistoni più corta del loro diametro (64,87x82 mm), il che si traduce in una notevole elasticità e rapidità nel guadagnare gli alti regimi, i quali qui sono davvero alti: questo motore, con il limitatore piazzato a 7400 giri/min, ha una capacità di allungo rara oggi ancora più di ieri, considerato che viviamo (e vivremo sempre più) in un epoca fatta di turbine e sovralimentazioni. Il Twin Spark 1.4 sembra non finire mai, nel senso che “spinge” benissimo in alto senza però essere per questo fastidiosamente vuoto in basso. Merito (oltre che della intrinseca natura di un “superquadro”) anche del variatore di fase lato aspirazione che, raggiunti i 1600 giri/min, cambia (elevandolo) l’angolo di incrocio delle valvole (cioè ritarda la chiusura delle valvole di aspirazione) e in questo modo trasforma il comportamento del propulsore. Parallelamente, al di sotto dei 1600 giri, il limitato angolo di incrocio garantisce massima regolarità e fluidità di funzionamento. Grandi regolarità e fluidità che sono anche frutto della doppia accensione (Twin Spark, appunto) garantita da 8 candele del tipo “long life” (vanno cambiate ogni 100.000 km) alimentate da 4 bobine (una per ogni cilindro). Tra l’altro, a differenza di quanto avveniva sui precedenti Twin Spark 8v, qui la doppia accensione è del tipo asimmetrico e asìncrono: in ogni cilindro, le due candele hanno dimensioni diverse (una più grande al centro e una più piccola laterale) e scoccano ciascuna la propria scintilla in momenti diversificati (doppia accensione asìncrona), riuscendo così a parcellizzare al meglio l’accensione della miscela. Come già detto, su strada tutto si traduce in una grande capacità del motore di farsi trovare pronto dove e quando serve. Ovvio, parliamo di un propulsore aspirato: la coppia di un sovralimentato è fuori dalla sua portata, ma se amate i motori pronti e nervosi e vi piace sapere che, quando lo volete, potete inondare i vostri timpani del suono di un motore che può girare alto fino a 7400 giri/min, allora questo è un motore che può fare al caso vostro. Decisamente gratificante. Un’ultima considerazione: a partire dalle ultime “seconda serie” (quindi diciamo da fine ’98), cambiò su 145 e 146 l’impianto integrato di iniezione/accensione con relativa mappatura, adottandosi (al posto del precedente impianto Bosch Motronic M2.10.4) il nuovo Bosch Motronic M1.5.5 riconoscibile facilmente per la diversa collocazione della centralina di iniezione/accensione che non è più collocata nell’abitacolo (sopra i piedi del passeggero) ma nel vano motore (a ridosso del corpo farfallato): è quindi questo l’impianto installato sulla mia 146. La trasmissione, da parte sua, “dialoga” bene col motore: una frizione precisa (del tipo a secco con comando idraulico) e un cambio che – se non rovinato da una guida sbagliata – dispone di innesti rapidi e precisi, anche grazie ad un altro aggiornamento che arriva sulle 145 e 146 a partire dal 1997: il collegamento della leva del cambio con il cambio stesso non è più effettuato con leveraggi rigidi, ma con cavi flessibili di tipo Bowden. Tradotto: manovrabilità della leva eccellente, sia in termini di precisione che di rapidità. Un’altra cosa: si tratta di un cambio dalle rapportature molto corte. Ne beneficiano spunto e ripresa e una quinta marcia che è una vera quinta marcia di potenza. Rovescio della medaglia: non aspettatevi che in autostrada, con la quinta marcia inserita, il motore giri al regime di un turbodiesel. Anche in questo modo, però, la voce del motore non diventa mai fastidiosa: anzi, ci si diverte a sentirlo vivere e non si trasforma mai in un elemento di disturbo. Come non eccessivi sono anche i rumori aerodinamici, che restano sempre nella norma. E’ naturale: le automobili attuali restano comunque più silenziose, ma forse anche per questo perdono un po’ della propria anima. Punti di vista. Coi freni si va tranquilli: le 145 e 146 terza serie (M.Y. ’99) montano tutte un impianto frenante a quattro dischi (anteriori autoventilanti) con un eccellente ABS a quattro canali e quattro sensori e con EBD (ripartitore elettronico di frenata). Dunque, frenata sicura e costante nel tempo, senza che si vada mai incontro a decadimenti prestazionali dell’impianto (fading completamente assente). Inoltre, cosa secondo me parecchio importante, si viaggia bene anche di notte, grazie a fari anteriori di tipo lenticolare (o poliellissoidale che dir si voglia), cioè simili – nella struttura riflettente del gruppo ottico – ai proiettori che oggi montano lampade allo xeno. Sedendo al posto di guida, tutti i comandi sono ben visibili e a portata di mano, tranne (come già detto) l’autoradio che è sì a portata di mano ma troppo fuori dalla visuale del pilota. Anche le leve multifunzione del devioluci, dopo poco tempo, diventano molto intuitive: la leva di sinistra comanda quasi tutte le luci esterne, compreso il retronebbia (i fendinebbia anteriori, invece, si accendono con un apposito pulsante collocato sulla consolle accanto al pulsante rosso delle quattro frecce d’emergenza); la leva di destra comanda tutto quanto attiene alla pulizia e allo sbrinamento dei cristalli (compreso, quindi, il lunotto termico e lo sbrinamento degli specchi esterni). A proposito di pulizia dei cristalli, piuttosto flessibile la logica di funzionamento dei tergi anteriori: due step di velocità continua e tre step di intermittenza, oltre naturalmente alla battuta singola. La buona visibilità è garantita anche da un sedile guida che secondo alcuni è un po’ troppo alto, ma con il quale io mi sono invece sempre trovato benissimo. A me che sono alto un metro e 90 e che scendevo dai sedili un po’… diciamo così… “rustici” della 33, questa 146 nel 1999 insegnò il piacere di stare finalmente comodo alla guida, facendomi conoscere una poltrona (naturalmente regolabile in altezza) realmente degna di questo nome e capace di assicurarti una ottima visuale di qualunque angolo della strada. In ogni caso, per chi desiderasse un piano di seduta più basso, sarà semplicissimo ottenerlo rimovendo i due spessori collocati tra il sedile e le guide di scorrimento longitudinale: si tratta di un’operazione molto semplice e rapida.