Nella Bassa Padana, a Pieve di Cento, fra Bologna e Ferrara, non lontano dal luogo in cui sorgeva la fabbrica originale dei trattori Lamborghini, c’è un’azienda di medie dimensioni che, fedele alla migliore tradizione della zona, rappresenta un vanto dell’imprenditoria italiana: la Borghi&Saveri, leader nel settore dei banchi prova motori.
TUTTO COMINCIÒ CON LE BILANCE - Fondata nel 1935, la Borghi&Saveri ha iniziato la sua attività nel settore della progettazione e produzione di strumenti metrici per la pesatura. Ma la sua collocazione nel bel mezzo di quella che oggi viene familiarmente chiamata la Motor Valley la portò presto allo sviluppo di strumenti metrici per la rilevazione della coppia e della potenza dei motori prodotti da aziende automobilistiche e motociclistiche che hanno fatto la leggenda dei rispettivi sport. Il banco prova motori è il dispositivo che consente di misurare con precisione la coppia, in Nm, generata da un motore e, da questa, ricavare la potenza, in Hp o in kW. In effetti, si tratta di una bilancia che “pesa” la forza generata dal motore. Per fare ciò, il dinamometro è costituito da un elemento statico attraversato da un albero in grado di ruotare liberamente, a cui è fissato l’elemento ruotante del sistema. Il tutto è racchiuso in un carter debitamente strutturato che viene fissato a una base molto solida. La rilevazione della potenza avviene “frenando” progressivamente l’elemento rotante tramite l’azione dell’elemento statico e quindi rilevando e “pesando” lo sforzo che il “freno” realizza per opporsi alla rotazione impressa all’albero dal motore di cui si vuole rilevare la potenza.
ALL’INIZIO, BASTAVA L’ACQUA… - Nei dinamometri di prima generazione, l’elemento frenante era costituito semplicemente da acqua che veniva indirizzata a colpire le palette di una turbina, solidale con l’albero, opponendosi quindi alla rotazione della turbina stessa. Aumentando la pressione dell’acqua, si incrementava l’effetto frenante, che veniva tradotto in Nm “frenati”, e da questi si ricavava la potenza in Hp. Il sistema rimase valido fino a quando si trattò di misurare potenze anche elevate, ma generate da motori (soprattutto di grossa cilindrata) i cui regimi di rotazione rimanevano entro il limite dei 7.000 giri. Con motori di cilindrata relativamente piccola, i banchi idraulici iniziarono a presentare limiti di precisione di lettura.
…MA POI VENNE LA CORRENTE - Il salto di qualità, e di precisione, fu realizzato con l’avvento dei banchi “a correnti parassite”, in cui l’elemento statico del sistema frenante è un indotto che, alimentato da corrente di rete, crea un campo magnetico che si oppone alla rotazione del rotore, che ha una configurazione a bracci multipli disposti a raggiera e, ovviamente, è solidale con l’albero a sua volta connesso con il motore. L’operatore, tramite un reostato, modula l’intensità del campo magnetico e, quindi della frenatura. Il banco a correnti parassite ha consentito letture di potenza molto precise, anche con motori di piccola cilindrata e con regimi di rotazione stratosferici. Anche nel banco a correnti parassite c’è circolazione di acqua, ma solo all’esterno dell’indotto, e a scopo di raffreddamento. La Borghi&Saveri è stata leader nello sviluppo dei dinamometri e delle relative tecnologie, guidando il passaggio dai banchi “idraulici” a quelli “a correnti parassite” di cui è stata vera pioniera.
LA “RIVOLUZIONE” PARTE DALLA FORMULA 1 -In ragione di tale somma di esperienze e leadership tecnologica, la Borghi&Saveri ricevette la richiesta di sviluppare una nuova generazione di banchi prova a correnti parassite da parte di Ferrari, Renault e Peugeot quando, nel 1989, il regolamento della Formula 1 chiuse l’era dei motori da 1,5 litri turbo per aprire quella degli aspirati da 3,5 litri. La precedente turbosovralimentazione, incrementando a dismisura la “pressione media effettiva” (PME) che i propulsori di F1 potevano sviluppare, assicurava potenze ben superiori ai 1.000 Hp a regimi relativamente modesti, per cui quasi tutti i team in quel periodo continuarono ad utilizzare banchi idraulici in grado di reggere senza problemi coppie così elevate. Ma, anche con cilindrata più che doppia, i motori aspirati non avrebbero potuto mai neppure lontanamente avvicinare le potenze dei turbosovralimentati, a parità di regime di rotazione. La ricerca dei progettisti fu quindi rivolta al conseguimento di regimi di rotazione fino ad allora ritenuti al limite del possibile per propulsori di cilindrata unitaria già piuttosto rilevante (437,5 cc nel caso di un V8 come il Ford 3.5 HBA che portò Michael Schumacher alla conquista del suo primo titolo mondiale con la Benetton, nel 1994). Furono i V10 3 litri della generazione immediatamente successiva a rompere quelle che erano considerate barriere insuperabili e arrivare al limite dei 20.000 giri. E tali limiti sono stati mantenuti anche dopo che la FIA aveva imposto una sola candela ed un solo iniettore per cilindro.
DA UN REGOLAMENTO ALL’ALTRO - Tali limiti sono rimasti anche con l’avvento dei V8 di 2,4 litri, derivati direttamente dai precedenti V10 3.0. La base di partenza per realizzare un banco per i motori da Formula 1 in grado di rispondere alle esigenze imposte da tali regimi e livelli di potenze specifiche è stata la progettazione di un gruppo capace di frenare potenze fino a 750 Hp a 16000 giri: la soluzione ottimale fu identificata in un gruppo freno a tre rotori. Con l’arrivo dell’ultima generazione di V10 3 litri è stato necessario un ulteriore affinamento del progetto, passando alla realizzazione di gruppi freno a quattro rotori, con due coppie di rotori in tandem. A questo punto il traguardo di progetto prevedeva la lettura di potenze fino a 950 Hp a regimi non inferiori a 19.500 giri. Tali regimi hanno richiesto lavorazioni di grande precisione in ogni dettaglio della realizzazione ed è qui che l’esperienza della Borghi&Saveri è entrata in gioco, rispondendo puntualmente a tutti i capitolati di progetto richiesti dai costruttori di motori di F1 e facendone così la fornitrice in esclusiva di tali fondamentali strumenti di misurazione e sperimentazione.
POWER UNIT? NO PROBLEM - Il nuovo regolamento della F1 ha imposto nuovi parametri di valutazione delle prestazioni dei propulsori ibridi: siamo nuovamente di fronte a motori turbo-sovralimentati le cui coppie già molto elevate sono ulteriormente incrementate dai sistemi elettrici. E i team ora hanno bisogno di leggere non solo semplicemente le potenze massime, ma anche l’efficienza di tutto il sistema propulsivo, trasmissione inclusa, nonché le caratteristiche di risposta in potenza nei transitori, per confrontare il tutto con le caratteristiche di ciascun tracciato. Il banco prova diventa così uno strumento attivo di sperimentazione globale e va pilotato, esattamente come il motore e il cambio. La nuova generazione di banchi Borghi&Saveri utilizza dei veri e propri motori elettrici che leggono coppia e potenza sotto la forma dell’elettricità prodotta invertendo il loro ciclo e trasformandosi in generatori.