Negli anni 80 e 90, la Toyota Supra è stata la coupé sportiva per eccellenza della casa giapponese. Dopo quasi vent'anni, il nome ritorna per definire una biposto frutto di un progetto congiunto con la BMW: la struttura e gli organi meccanici sono quelli della Z4 (che però è una spider), la messa a punto è stata curata dalla divisione motorsport della Toyota, la Gazoo Racing, e la produzione è affidata all'austriaca Magna Steyr. La Supra è compatta e ha una linea particolare, tondeggiante e molto elaborata nella zona posteriore; ben fatto l'abitacolo, tipicamente sportivo nelle sedute rasoterra e nel tunnel centrale alto e massiccio, ma abbastanza generoso nello spazio a disposizione. Soddisfa anche la capienza del bagagliaio, accessibile da un portellone discretamente ampio. La Supra ha debuttato con un 3.0 biturbo, che lavora insieme a un cambio automatico a otto marce per trasmettere i suoi 340 cavalli alle ruote posteriori. Questo sei cilindri impressiona per la corposità ai medi regimi, che consente riprese fulminee, ma non è altrettanto grintoso nell'allungo; dal canto suo, lo sterzo è diretto ma poco progressivo, per cui all'ottima maneggevolezza (e alla facilità di gestione delle eventuali sbandate "di potenza") non fa riscontro un'altrettanto valida fluidità nel raccordare le traiettorie. I freni, poi, faticano a reggere il gravoso utilizzo in pista. Alla fine, questa Supra è meno "cattiva" di quanto sembri. Velocissima e divertente, certo, ma non così "affilata" nella guida al limite, si rivela sorprendentemente comoda, oltre che riccamente equipaggiata (difficile trovare di serie in questo tipo di auto, per esempio, il cruise control adattativo e il mantenimento in corsia). In seguito sono arrivate anche le versioni 2.0 turbo, a quattro cilindri: con meno cavalli (e con prestazioni elevate ma meno impressionanti) ma con una distribuzione dei pesi molto ben equilibrata, tutto sommato possono essere la soluzione giusta per i più smaliziati cultori della guida sportiva.